La cultura vive una dinamica strana: viene evocata da tutti come uno degli elementi fondamentali dello sviluppo del Paese pur nel disinteresse, nei momenti decisivi, di chi dovrebbe fornire un percorso o almeno indicazioni chiare.
Si dice che viviamo nella società della conoscenza: le industrie culturali che Sistema Cultura Italia rappresenta sono centrali proprio nella produzione e diffusione della conoscenza. In una società di questo tipo i consumi culturali sono una determinante dello sviluppo: ne discende che dovrebbero, per conseguenza, essere centrali. Questo non sempre avviene.
Esistono ritardi strutturali, problemi della scuola, della ricerca, dell’università e c’è una rincorsa a difendere certe logiche territoriali, anche in campo culturale, che non servono certamente a creare quello che poi definiremmo sviluppo. A questo si aggiungono i problemi del settore, su cui la Federazione da tempo lavora: l’industria culturale fonda il suo valore in primis sulla proprietà intellettuale. Anche in questi termini serve un “salto”: occorre passare da una fase di mera “tutela” a un nuovo rispetto del diritto d’autore che ne ponga al centro la sua valorizzazione. La cultura si scontra oggi anche con una parcellizzazione in termini territoriali delle competenze che frenano e inibiscono le attività (basti pensare ai regolamenti del commercio, che incidono su sconti, orari, etc). Tutto questo costituisce di fatto un freno allo sviluppo del Paese, a partire da un insufficiente rapporto con i giovani, visto che quando parliamo di innovazione ci rivolgiamo in gran parte a loro, che ne sono non solo gli utilizzatori ma anche i promotori nelle sedi più avanzate.
Serve uno sguardo d’insieme diverso. Siamo abituati a pensare all’Italia come a un paese dal grande patrimonio culturale tramandatoci dalla storia. Non dobbiamo dimenticare che la cultura italiana è viva e continua a produrre eccellenza, che l’industria è in grado di valorizzare.
Federico Motta
Presidente Sistema Cultura Italia